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Ti aspetto ancora, Verde della Scala…

  • E.
  • 27 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Durante l’assedio di Serravalle del 1337, un cavaliere senza nome si innamorò della donna che non avrebbe mai potuto avere. Questa è la sua voce. E la sua attesa.

 

Passeggiavi sul torrione nord del giardino scrutando le montagne che asserragliavano la valle - chissà se per proteggerla o per soffocarla - lì dove sorgeva il castello tanto conteso: quel castello che il mio signore ci aveva ordinato di occupare.

Solo dopo ho capito che lungo quelle mura pesanti ti sentivi al sicuro, e quello era l’unico luogo a procurarti un po' di tregua dalla pena del nostro assedio.

Ti guardavo camminare lenta lungo il bastione e sentivo il mio sangue scorrere più velocemente: ma tu eri Verde della Scala, data in sposa a Rizzardo VI da Camino, divenuta vedova troppo presto. Il peso della vedovanza non era il solo a gravare sulle tue delicate spalle: ora c’era anche la minaccia dei miei signori, Gherardo e Rizzardo da Camino di Sotto, che pretendevano un’eredità che, secondo la loro idea, alle tue tre figlie non spettava.

Avvicinarti sarebbe stata una follia, io ero solo un soldato, un cavaliere senza alcun merito. Ma quel desiderio che bruciava in me da mesi, aveva arso qualsiasi mio timore, e forse per la disperazione di sapere che mai saresti stata mia, quel giorno mi sono affiancato ai tuoi passi stanchi. Il tuo sussulto, il tuo sguardo sdegnoso e incredulo di fronte alla mia audacia, non sono riusciti a fermarmi. Di quel nostro primo incontro ricordo solamente come tu non abbia opposto resistenza alla mia presenza, e in silenzio, abbia continuato a passeggiare, permettendomi di starti accanto. Il motivo per cui tu non abbia gridato o ti sia ribellata al mio gesto non l’ho mai compreso.  Forse quel mio gesto temerario ha saputo aprire un varco nel tuo cuore.

E così mi hai concesso di parlarti, durante ogni tua passeggiata lungo il muro di cinta: pareva un segnale, quando ti vedevo salire verso il torrione nord, sapevo che non avresti protestato per la mia presenza. Ascoltavi, ma non pronunciavi parola. Non mi permettevi di ascoltare il suono della tua voce. Ho pensato, sulle prime, fosse nobile contegno di dama; poi ho iniziato a sospettare che il tuo silenzio fosse un modo per testare la mia costanza. Chi avrebbe continuato a seguire una donna silenziosa, tentando di corteggiarla disperatamente, senza ricevere un minimo segnale di consenso?


Solo un uomo innamorato.


E così hai continuato per giorni, paziente, a misurare la perseveranza del mio cuore. Lo sguardo fisso sui tuoi passi, l’espressione seria, solo l’orecchio teso ad ascoltare le mie perorazioni. Credo di averti amato dal primo istante, e anche senza sentirti parlare, di te sapevo ciò che i tuoi occhi lasciavano intravedere: la tenacia di una donna che, seppur rimasta sola, si stava battendo contro l’ingiustizia architettata dai miei signori. L’armatura che anche tu indossavi per la tua battaglia personale non nascondeva l’amore incondizionato verso le tue figlie, che con la tua resistenza stavi cercando di difendere.

Poi un giorno, giunti sulla torre a est, ti sei fermata. In silenzio. Il tuo sguardo mi ha afferrato senza timore, e ti sei avvicinata a me con lo sguardo fiero. Ho ceduto, e ti ho dovuta baciare.

Non so quanto sia durato, non ricordo come siamo tornati al castello, ho perso memoria di quanto sia successo dopo. So solo che il mattino seguente la notizia è giunta come una lama in battaglia: improvvisa, e senza pietà. Te ne eri andata, cedendo alle angherie dei tuoi cugini, tornando a Verona, dalla tua famiglia, non prima di esserti assicurata un matrimonio vantaggioso per tua figlia Beatrice.


Non ti ho più vista, Verde della Scala. Ti aspetto ancora sui torrioni del castello, guardando Serravalle, nella speranza di vederti tornare da me.

 

 

 
 
 

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